Guglielmo non corrispondeva all'affetto del parente, anzi si faceva odiare per i suoi vizi e per la vita dissipata che conduceva. Spesso usciva dalla città e nei villaggi commetteva atti così riprovevoli che suscitavano l'indignazione degli abitanti che protestavano presso il signor Giacomo. Il signore perché non ricadesse anche su di lui il disonore di tali azioni proibì a Guglielmo di uscire da Padova e ordinò alle guardie delle porto che lo rimandassero indietro se avesse tentato di stappare. Guglielmo non potendo sopportare questa specie di clausura decise di vendicarsi uccidendo il benefattore e sventuratamente riuscì nell'intento. La sera del 19 dicembre 1350 in giorno di domenica, Giacomo che aveva finito di pranzare con Guglielmo e con amici si era seduto accanto al fuoco a riscaldarsi e rimase solo nella stanza. Guglielmo preso forse dal vino ed accecato dall'odio, estratto un coltello, lo ferì ripetutamente al ventre (il petto come si usava a quel tempo era difeso da una maglia di ferro) e lo uccise senza lasciar tempo alla vittima che di gridare: Piglialo! Accorsero nella stanza i gentiluomini e amici di Giacomo e indignati di sì turpe reato estratte le spade uccisero e tagliarono a pezzi il vile assassino.
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